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martedì 7 agosto 2012

"BORNII" D'ACQUA

"BORNÍI" D’ACQUA

OVVERO VASI GRAFFITI SICULO-TOSCANI

di Alberto Piccini
Milano, 2 Agosto 2012
Oggi vi presento un vaso ingobbiato, graffito e in parte maiolicato,
alla maniera toscana, come potete osservare dalla serie di foto
seguenti ( foto 1-4 ).
Questa tipologia ceramica del XVI e XVII Sec. veniva
attribuita dal Cora genericamente alla "zona fiorentina", più
recentemente sono stati indicati come luoghi di produzione :
Montelupo, Borgo S.Lorenzo, Castelfiorentino, Pomarance;
approfitto dell’occasione per aggiungere anche Lucca dove
pochi anni fa sono stati ritrovati moltissimi frammenti e
scarti di fornace ( foto n.5 )
Questo vaso è alto
cm.22,50, larghezza
massima cm.18 , pesa
kg 1,700; ha due anse a
tortiglione poste in alto
dal punto di massima
larghezza alla base del
collo; è ingobbiato e
graffito con un decoro
prevalente a foglie
orientali, interrotto
sul fronte da un grande medaglione con effige di un
personaggio a cavallo; alcuni
dettagli per esempio le vesti
e il cappello del cavaliere, la
briglia del cavallo, una parte
del prato, sono maiolicati con
un ossido di cobalto di una
tonalità particolare, tipico della
ceramica graffita toscana (foto
n. 6 ).
Anche la forma del
vaso è ricorrente
nella ceramica
toscana (foto n. 7
) e il tipo di foglie
è simile a quelle
del piatto stemmato
ritrovato a Lucca.
Il vaso porta inoltre
sul collo e sulla
base ed intorno
al medaglione
centrale, alcuni
decori spesso
ricorrenti sulle
graffite del centro-italia. Il tutto è ricoperto da un pesante
strato di vetrina.
Fin quì tutto normale! Se non fosse per il fatto che sotto il
piede piatto, inciso sulla terracotta rossa,c’è il contratto di
fornitura dei vasi, in numero di 32, con tanto di indicazione
del vasaio,del committente,il prezzo complessivo, la data
ed altro : una vera e straordinaria maiolica-documento! Si
conoscono molti documenti notarili relativi a committenze di
vasi o intere spezierie, ma la descrizione in genere sommaria
rende difficile riconoscere i pezzi sopravvissuti alle ingiurie
del tempo. In questo caso straordinario ,vaso e documento
sono veramente un UNICUM !!!
Vedi sotto foto n. 8 . La trascrizione del testo effettuata con
molte difficoltà dal sottoscritto con l’aiuto prezioso di Fabiano
Buchicchio e di Antonello Governale, senza il cui contributo
non sarei mai riuscito a tradurre il termine dialettale siciliano,
di origine araba, "Burnìi" (vasi d’acqua) :

" 1 ottobre - M(astro).C (ono). Lazzaro Si obbliga a Don
Giuseppe Almerico Sacerdote alla terra di Biscalquino
(Bisacquino) di fargli 32 vasi fia ( o sia) bornìi da qua
(d’acqua) onzi 35 e tarì 15 - 1611.

CENNI STORICI SUI VASAI DELLA FAMIGLIA
LAZZARO :
trattasi di tre fratelli originari di Naso ( Messina ), Geronimo
titolare nella fine del XVI sec.( date dal 1591 al 1606 )
della bottega forse più importante di Palermo,citato come
"Honorabilis Magister" e in grado di realizzare una fornitura
di 4.000 mattoni per il pavimento del Palazzo del Senato in
Palermo.
Pietro e Cono collaborarono sin dagli inizi nella gestione
della bottega e nel 1607, dopo la morte del fratello più
anziano, ereditarono anche quelle di Naso. Successivamente,
nel giugno del 1609, i due fratelli Lazzaro cedettero la
bottega palermitana al maiolicaro Francesco Cipolla e il
mese successivo Cono cedette al fratello Paolo metà degli
attrezzi relativi all’attività di
vasaio al prezzo di onze 56. Paolo
Lazzaro del 1610 sposò la figlia
del maiolicaro Antonino Oliva e
probabilmente continuò l’attività
di vasaio, forse ancora insieme
al fratello Cono che si unì in
matrimonio con un altra donna di
casa OLiva : Raimondetta, e in
società con i cognati a Palermo.
L’unica maiolica firmata di Cono
Lazzaro e datata 1607 è la boccia
con S.Lorenzo pubblicata da
Antonello Governale a pag.88 di "Rectoverso"-Altamura
Editrice-Palermo 1986, recante la seguente iscrizione :
(foto n.9).
Tutti e tre i vasai Lazzaro non sono a mio avviso dei pittori
su maiolica e pertanto usano figuli locali come il Pantaleo
per il vaso con S.Lorenzo o anche probabilmente artefici
provenienti dal centro-italia come per i vasi graffiti oggetto
di questa ricerca. Secondo Rosario Daidone - La Ceramica
Siciliana - Kalos 2005 - il nostro Cono Lazzaro, dopo la morte
di Geronimo si sarebbe trasferito a Naso, pertanto i 32 "bornìi"
d’ acqua potrebbero essere stati prodotti in questa località
del messinese. Cono morirà per peste nel 1626 e Pietro nel
1638. Secondo i due studiosi palermitani, entrambi i fratelli
sarebbero stati analfabeti. Per indicare le caratteristiche
tecnico artistiche di questa bottega palermitana citerò di
seguito alcune frasi tratte dalla pubblicazione di Antonello
Governale : ..".i suoi pezzi (Geronimo) posseggono, come
abbiamo detto, una tavolozza dai colori vivissimi che vanno
dal bleu cobalto dei fondi al bruno manganese, al giallo
vivido, al verde smagliante, all’arancio quasi mattone. Unico
neo di questa produzione è, talora, la mancanza di alcune
parti di smalto e, tal’altra le scolature di colore, che stanno a
denotare talune carenze nella tecnica di cottura."..."quando
adottano il decoro a quartieri lo fanno trasfondendovi un
magico senso d’oriente, con un sempre vigile dosaggio dei
colori e della loro armonia.Da quel pochissimo che sappiamo
della vita di Cono e Paolo Lazzaro dovremmo presumere che
essi mai si mossero dalla Sicilia; eppure le loro maioliche
parlano d’una visione ampia del mondo, d’un’attenzione
curiosa e scevra da pregiudizi e ristrettezze regionalistiche,
volta a captare stimoli artistici validi e nuovi e, se non fosse
per alcune carenze di carattere tecnico, le maioliche di questi
artisti nulla avrebbero da invidiare ad altre di fabbriche più
note ed acclamate."....
Devo segnalare a Governale e a Daidone che leggendo
e studiando le loro pubblicazioni sulla ceramica Siciliana
emerge chiaramente un fatto molto strano : i vasai dell’isola
ma in particolare quelli palermitani avrebbero prodotto
nel XVI e XVII sec. soltanto forme chiuse e tra queste
prevalentemente albarelli e bocce decorati a quartieri con
foglie, grottesche , trofei e soggetti religiosi.
BISACQUINO E DON GIUSEPPE ALMERICO :
è un comune di oltre 5.000 abitanti in provincia di Palermo,
70 km a sud del capoluogo e vicino a Corleone. Il suo nome
deriva forse dall’arabo "buseckuin" - padre del coltello o
molto acquoso - o dal latino "busacque"- ricco d’acqua - Dal
1182 sino al 1812 il paese fu feudo dell’Arcivescovado di
Monreale e retto da un Governatore, pertanto mi concedo
di congetturare che i vasi graffiti fossero destinati proprio a
quest’ultimo, magari impersonato all’epoca proprio da Don
Giuseppe Almerico;, infatti gli Almerici erano una delle
famiglie più importanti del paese. Nel XX sec.il personaggio
più famoso nato a Bisacquino è certamente il regista italo
americano Frank Capra che voglio ricordare con amore
poichè in gioventù quando mi occupavo di cinema era il
simbolo della "American way of life" e le sue opere "Accadde
una notte", "La vita è meravigliosa" e tante altre, erano films
cult dei miei studi, analizzati attentamente sequenza dopo
sequenza ed in particolare mi esercitavo leggendo molte
volte le sceneggiature di Riskin.
Il sito web - www.bisacquino.altervista.org/ cita un atto
,conservato in loco, in cui Don Giuseppe Almerico, sempre
lui, nel 1598, ordina alla bottega di Geronimo Lazzaro,
n.346 vasi al prezzo di onze 30 e tarì 10 forse per il locale
ospedale; la notevole differenza di prezzo con i vasi graffiti
del 1611, non può soltanto derivare dalla grande inflazione
del periodo, ma bensì dalla loro diversa qualità. Il Governale
pubblica su Rectoverso a pag. 72 foto 106 un albarello della
bottega di Geronimo che reca la scritta "Almerico", quindi
non era il maiolicaro che lo dipinse, bensì il solito sacerdote
committente di vasi da Bisacquino.
CONCLUSIONI .
dico spesso agli amici che le mie ricerche sulla maiolica
Italiana sono segnate, infatti il mio incontro con questo bel
vaso graffito dotato di una specie di certificato di nascita
incorporato, che ha quattro secoli di vicende alle spalle e
centinaia di km percorsi, è per me un segno del destino e al
tempo stesso un monumento alle mie tesi sulla Superbottega.
Dimostra l’inadeguatezza dei Lokal-Patriot a risolvere i
problemi relativi al nomadismo dei grandi figuli, gli artisti,
i veri creatori delle meravigliose maioliche dell’epoca.
Antonello Governale infatti ha reagito subito dopo il primo
impatto con le foto di questo vaso, dicendo : ....non ha
nulla che ricordi la cultura maiolicara dell’isola.... non sarà
falso ?...( salvo ricredersi successivamente ).Inoltre data la
conclamata modestia e le carenze culturali degli Accademici
blablaisti, per essi questo vaso rappresenta una trappola
micidiale. Questi ultimi sono in maggioranza, salvo qualche
rara eccezione, Conservatori dei maggiori Musei Italiani
ed Europei, sono professionisti e quindi non fanno ricerca
scientifica perchè
già da molti anni "la ricerca non paga"!!! Inoltre sono riuniti
in "casta" e quindi formano un gruppo di potere che difende
la propria refrattarietà a qualsiasi principio di meritocrazia.
Studiano le maioliche e fanno le loro attribuzioni sulla
base dello "stile" come confessato da Riccardo Gresta
recentemente a Fano, in occasione della presentazione
del bel libro della Francesca Muzio, ma ormai sempre
più spesso, cadono miseramente sotto i colpi delle prove
materiali trovate e presentate dai veri ricercatori. Infatti in
questo panorama di profonda crisi l’unica speranza sono gli
studiosi dilettanti, come il sottoscritto e tanti altri, come nel
passato il Cora, Fanfani,Berardi, la Pelizzoni, tesi a cercare
di fare luce sui tanti buchi neri della storia della maiolica
Italiana del Rinascimento. Per finire, chiedo una risposta ai
miei lettori : è più credibile un dilettante, un collezionista,
un appassionato che però va disperatamente con i propri
mezzi, alla ricerca della verità storica, o un professionista
che si limita a ripetere sino alla noia le tesi vecchie di oltre un
secolo e mai provate senza mettere mai piede in un archivio
e senza sporcarsi le mani per analizzare frammenti, scarti di
fornace o le stesse maioliche oggetto dei loro pseudo studi ?
ALBERTO PICCINI
P.S.
Per rimanere in tema di" casta" vi racconterò un episodio
accaduto circa 12 anni fa, agli inizi del terzo millennio, quando
ero Presidente dell’Associazione Amici del Museo di Arti
Applicate del Castello Sforzesco di Milano. Rovistando nei
depositi, fra le tante casse di frammenti ceramici, sporcandomi
le mani, la camicia e i pantaloni di polvere nera, trovai i resti
di uno straordinario piatto di Carlo Antonio Grue di Castelli
d’Abruzzo, lustrato in oro. D’accordo con il Direttore del
Museo Claudio Salsi, decidemmo di restaurarlo (a mie spese)
; lo studiammo trovando nella Raccolta Bertarelli la stampa
del Bloemart dal Voltone di Palazzo Barberini a Roma di
Pietro da Cortona e poi lo presentammo in una applaudita
conferenza. Tutto nell’ intento per me, di realizzare un
sogno, cioè costruire intorno alle opere d’arte del museo, alla
Raccolta di Stampe Bertarelli e alla Biblioteca d’Arte, un
grande centro di studi per le Arti Applicate. Questa maiolica
straordinaria è ora esposta nelle vetrine del museo,n.480
di catalogo e con la seguente descrizione : alzata con il
"Trionfo di Bacco" , pienamente restituita al patrimonio del
Museo- vedi foto
a lato -. Purtroppo
la responsabile
delle ceramiche
del Museo Grazia
Biscontini Ugolini
e la sua pupilla
Raffaella Ausenda
reagirono con
d i s a p p u n t o ,
per essere state
anticipate dal
sottoscritto nella
s c o p e r t a c h e
avrebbero potuto e dovuto fare loro. Poco tempo dopo, in
occasione di alcune mie osservazioni sulla schedatura delle
maioliche del Museo, si arrivò allo scontro finale grazie
anche all’ostinazione della Carmen Ravanelli Guidoti nel
difendere le attribuzioni delle maioliche emiliane, tutte
faentine naturalmente per la Conservatrice del MIC, anche
quelle, oltre la metà, che secondo il sottoscritto erano state fatte
a Ravenna. Le mie attribuzioni erano supportate da un centinaio
di documenti d’archivio e da moltissimi frammenti che il
Comitato scientifico, composto dalle tre signore e presieduto dal
Direttore, si rifiutò di esaminare. Seguirono immediatamente le
mie dimissioni, quelle di tutti gli altri consiglieri e la chiusura
dell’Associazione Amici del Museo che era stata il fiore
all’occhiello della Direzione di Claudio Salsi.
Racconto adesso questa storia, perchè presenta delle
strane analogie con quella recentissima e decisamente più
importante e clamorosa, relativa ai cento disegni giovanili
del Caravaggio scoperti da due studiosi Maurizio Bernardelli
Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli tra gli oltre 1300 del
fondo Peterzano presso il Museo del Castello Sforzesco.
Mi stupisce la reazione violenta e scomposta dei Dirigenti
del Museo, le minacciate denunce del Comune di Milano,
la formazione di una commissione d’inchiesta, tutte azioni
contro i due studiosi che facendo la scoperta del secolo
contribuiranno ad aumentare enormemente il patrimonio
artistico, culturale ma anche economico e patrimoniale della
Comunità milanese di cui faccio parte anch’io. Grazie mille
Adriana e Maurizio da parte di tutti coloro che a Milano e nel
resto del mondo hanno a cuore la Storia dell’Arte.

( foto n°1-4 ).




(foto n°5)

(foto n°6)

(foto n°7)

(foto n°8)

(foto n°9)

Iscrizione sul vaso (foto n°10)

 (foto n°11)
ALBERTO PICCINI