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giovedì 19 marzo 2015

UN PREZIOSO FRAMMENTO IN MAIOLICA
Recentemente mi sono occupato di due placche di Carlo Antonio Grue (Capponi Editore-Marzo 2010) tratte dagli affreschi di Palazzo Pitti a Firenze di Pietro da Cortona (Sala della Stufa – “le quattro età dell’uomo”), maioliche di grande qualità pittorica ed  in quella occasione ho sottolineato con forza il valore artistico e professionale di questo grande figulo di Castelli d’Abruzzo nel XVII secolo. Adesso, in questo mio saggio vi presento un frammento di placca maiolicata, cotta in Urbino, databile al 1573/78 , con Saturno che divora i suoi figli, di mano di un altro grande pittore maiolicaro, Flaminio Fontana (foto n. 1). L’opera è tratta da una famosa stampa di Gian Giacomo Caraglio del 1526 (foto n.2) parte di una serie di venti fogli intitolata “Gli dei dell’Olimpo” da disegni del Rosso Fiorentino, più volte replicate (nove  edizioni) con grande successo e notevole diffusione. I fogli erano numerati (da uno a venti): Saturno è il numero uno e Mercurio il numero tredici (foto n.3)  e secondo il Vasari circolavano  riunite in un libro. La serie di stampe e certamente quella con il Saturno, erano presenti nella bottega dei Fontana di Urbino sin dalla metà del XVI secolo, come dimostra il piatto della Wallace Collection –   numero di catalogo C130 (attribuito : Ducato di Urbino ,1550 circa). Questo maiolica  era di proprietà di un famoso collezionista e mercante morto qualche anno fa e non era mai stato studiato a fondo, forse proprio perché era allo stato di frammento ,fra l’altro mancante di uno spicchio in basso a sinistra, ma principalmente perché nessuno prima del sottoscritto era riuscito a capire di cosa esattamente si trattasse. Una specie di oggetto misterioso, si diceva, dal supporto troppo spesso e compatto, chiaramente segato e quindi parte di un pannello di una stufa in gres smaltato? Comunque quindi qualcosa di scarso valore!!!. La prima volta che l’ho visto sono rimasto subito affascinato dall’incisività del disegno e dalla notevole qualità di quest’opera, a mio avviso straordinaria e sono rimasto naturalmente incuriosito e quindi stimolato dai problemi non solo attributivi ma addirittura identificativi della natura stessa dell’oggetto. Ogni volta che mi sento stimolato da una ceramica particolare,  non comune, scatta in me la molla incontrollabile dell’ansia da ricerca, la voglia di arrivare con ogni mezzo, scientifico o storico-artistico, nel più breve tempo possibile, alla verità, lavorando, se necessario, anche la notte. “Il frammento è molto pittorico perché è un falso ottocentesco”, dicevano in molti e se . come si pensava, faceva parte di una vecchia stufa non sarebbe stato possibile avere risultati attendibili dall’esame della termoluminescenza; sempre per andare controcorrente ho deciso di fare l’analisi presso l’Arcadia di Milano (foto n.4) e la datazione da me proposta (1570/1610) è stata pienamente confermata. “Si tratta di gres smaltato” e quindi, forse, cotto a Firenze nel laboratorio mediceo per la fabbricazione della porcellana? O di una maiolica dipinta e cotta nella bottega di Urbino di Flaminio Fontana? L’analisi della terra eseguita dal professore Bruno Fabbri (vedi particolari allegati) testimonia che trattasi di maiolica cotta a 900/950 gradi in quel di Urbino. Il confronto con le analisi delle argille di Urbino e Casteldurante, specialmente le cave ritrovate proprio tra i due centri vicinissimi, è straordinario, i dati sono quasi sovrapponibili e questo riapre la problematica da me sollevata recentemente sulla possibilità di realizzare un “database” delle argille dei più importanti centri di produzione italiani. L’operazione potrebbe essere realizzata con un investimento tutto sommato modesto, visto che si tratta di integrare e perfezionare i molti dati già in possesso del C.N.R di Faenza. Sarebbe un operazione che potrebbe essere coordinata e sponsorizzata dal M.I.C di Faenza, se la sua dirigenza avesse un sussulto di vitalità, uno scatto di orgoglio.  Purtroppo sperare in questo, pensare che si possa in qualche modo fermare oggi a Faenza  la “macina del degrado” è una pura illusione. Dobbiamo rimboccarci le maniche noi collezionisti ed appassionati e  a proprie spese, far eseguire una serie di analisi tali, con il tempo, da aumentare fino a completare il “database”. Quantomeno questa strategia renderebbe meno gravoso in futuro il completamento del lo studio.
Con questi due esami scientifici, con il ritrovamento delle stampe, sono arrivato in breve tempo, con relativa facilità, a svelare i tanti misteri di questo oggetto straordinario. Mi sono accorto immediatamente che la mano del pittore del Saturno è la stessa del famosissimo e bellissimo vaso attribuito con qualche dubbio, a Flaminio Fontano ed eseguito a Firenze nei laboratori medicei per la porcellana tenera .(British Museum di Londra -scheda n. 473 del catalogo numero di inventario 1889, 7- 10,1 – Foto n.5 ).Da notare lo stesso modo di dipingere il nudo (il Saturno è quasi tre volte più grande dei “nude man” del vaso di Londra),gli  stessi smalti, specialmente il blue-black , a mio avviso proprio nero, le sfumature giallo ocra delle nudità; infine la stessa datazione 1573/1578 circa. Le differenze sono principalmente dovute al diverso supporto: maiolica anziché porcellana tenera e il luogo di produzione Urbino, anziché Firenze. Questo prova che nel periodo 1573/78 questo grande vasaio e figulo ( in seguito preferirò chiamarlo  pittore)  operava nel Casino di S.Marco e contemporaneamente guidava un’altra bottega a Firenze, nonchè quella di famiglia ad Urbino (ipotesi dubitativa avanzata dal re del dubbio Timothy Wilson).
Ho letto tutto quello che è stato scritto sull’attività di Flaminio Fontana, ho visto molte maioliche attribuitegli, credo che solo queste elencate di seguito siano di mano certa del maestro:
-  “Rinfrescatoio” (wine cooler) della Wallace Collection, c 107 di catalogo, siglato F.F.F Urbino 1574,  le  tre effe stanno per Flaminio Fontana Fecit -tratto da un disegno di Taddeo Zuccari con l’”Assedio di Tunisi”
- Targa con San Paolo del British Museum di Londra. ( Foto n.6)
- Vaso del Bargello di Firenze – n.17 del catalogo G-Conti 1971
- Coperchio a forma di Tartaruga  del Castello Sforzesco di Milano n.233 di catalogo, inv. 123.
Oltre naturalmente a varie opere in porcellana medicea tra cui spicca il famoso vaso di Braunschweig pubblicato dalla Lessmann, decorato con paesaggi tipicamente urbinati. Vi è un ponte preciso tra il vaso del British Museum con i “nude man”, il presente frammento e la targa con San Paolo sempre del British Museum. Sulle altre maioliche, prevalentemente dipinte a grottesche, comunque di grande finezza e qualità, è molto più difficile distinguere la mano di Flaminio da quella per esempio dello zio Orazio.
La targa con San Paolo (P.E.S.Paulis – 1583 F.F. “pro ecclesia Santi Pauli”) datata quindi 1583, testimonia che in circa dieci anni il modo di dipingere del maestro è un po’ cambiato: lo sfondo non è più nero ma blu, gli smalti sono diversi con molte velature, salvo l’azzurro del libro che il Santo tiene nella mano destra ( idem i pochi tocchi sulla spada )  che è identico a quello della falce di Saturno. Il volto del Santo è dipinto invece con la stessa incisività notata sul frammento e sul vaso in porcellana.. Questa data è comunque importante poiché non conoscendo cosa e come dipingeva il Nostro prima del 1571 (le sue opere si confondono con quelle dello zio Orazio), e non essendo ancora  note altre maioliche del periodo successivo, non ci resta adesso che studiare bene quelle di questo decennio, passato tra Urbino e Firenze, il suo periodo di massimo splendore. La scoperta del frammento e la sua attribuzione a Flaminio Fontana  confermano con forza quella del vaso in porcellana tenera del British Museum e a mio avviso anche l’altra, che dovrebbe essere scontata poiché siglata , della placca con S.Paolo sempre dello stesso Museo ( leggi nella scheda di T.Wilson la tesi bislacca delle studiose faentine Fiocco e Gherardi).
Quali sono le conclusioni dei miei studi di questi ultimi mesi sul frammento?: penso che Flaminio abbia utilizzato tutti e venti i fogli della serie di stampe del Caraglio per realizzare due placche di cm 65x45 circa (il frammento misura cm 22,5x13,5 con uno spessore di cm 3,5) contenenti ognuna nove/dieci immagini tratte dagli “dei dell’Olimpo in una nicchia”. Le dimensioni della grande placca con San Paolo del British Museum sono cm 51,6x34,7 con uno spessore di cm 3; poiché lo spessore del biscotto è proporzionato alle dimensioni delle placche i 3,5 cm del frammento giustificano i dieci centimetri in più ipotizzati in altezza e larghezza. Le placche di cm 25x20 circa, in maiolica, hanno, in genere, uno spessore di cm 1,5. Una placca è  probabilmente andata dispersa in questi quasi cinque secoli, l’altra  si è rotta e qualcuno ha salvato il frammento con il Saturno e spero, forse, qualcun’ altro (un antiquario di Milano giura di averne visto due  ma non ricorda dove e quando). Ho trovato (foto n.7) in un vecchio catalogo della galleria d’arte “Il Caminetto” di Bologna – 1967- tavola sesta n. 26, una piastrella centinata di cm 13,5x18,5 senza indicazione dello spessore con  Mercurio in una nicchia, attribuito ad Urbino; purtroppo il Mercurio della serie del Caraglio è molto diverso (vada foto 3) e quindi escludo che sia una parte della nostra ipotetica placca. Se qualche collezionista o mercante possiede o conserva qualche foto di altri frammenti di maiolica tratti dalla serie degli “dei dell’Olimpo” mi informi subito, darà un grosso contributo alla ricostruzione del corpus delle opere del  grande “pittore”  Flaminio Fontana.
Sarei molto felice se si potesse, in un prossimo futuro, esporre questo prezioso frammento con il Saturno, accanto al vaso in porcellana medicea del British Museum di Londra, anche per pochi giorni ; in attesa che questo evento si realizzi vi offro, per chiudere, l’opportunità di vederli l’uno accanto all’altro, in modo virtuale, con una ricostruzione digital-fotografica.
 
Alberto Piccini