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NUOVO RECORD DI VISITE SUL BLOG

Cari Lettori,  è con grande piacere che sono a comunicarvi il raggiungimento di un traguardo storico e molto importante: due giorni fa le vi...

mercoledì 27 giugno 2018

https://drive.google.com/file/d/1hma-V6DClty2Rb61S9Lv2FJtqHol15GO/view


Cari Lettori, 

Sono particolarmente fiero di presentare ai lettori di questo blog l’ultima splendida ed affascinante fatica dell’amico Fabiano Tiziano Zeni Fagliari Buchicchio.

Verso la fine del 2017 sono stato incaricato da un importante collezionista di  studiare quest’orciolo (vedi foto n.1,2,3), che reca la scritta farmaceutica “oximel squilitico”, insieme ad un altro gemello, presente nella stessa collezione. Questo orciolo famosissimo, già Coll. Chompret, poi Adda, indi Prinsheim, porta dipinta sul fronte una lettera dell’epoca (1507) nelle due versioni: a sinistra, la parte superiore con il destinatario “Al mio Conpa/dre da / palunbe jn / fuligne” (cioè: Al mio compadre da Palumbo in Foligno) e a destra il testo della stessa missiva, ritenuto illeggibile da tanti studiosi per circa un secolo. Da subito ho ritenuto invece possibile trascrivere questo scritto e Fabiano, in pochi mesi, ha fatto il miracolo e quindi il merito di questa scoperta è tutto e soltanto suo.

Attualmente il vaso è esposto a Deruta nella mostra “Back to Deruta” in corso di svolgimento nel locale Museo Regionale della Ceramica (probabilmente la durata della Mostra sarà prorogata sino ai primi del prossimo mese di ottobre).

Nel catalogo la scheda non è firmata, ma dovrebbe essere stata redatta o da Camille Leprince o da Justin Raccanello; il primo lavora a Parigi presso un importante antiquario, il secondo esercita la sua attività antiquariale a Londra. Andrò presto a visitare la Mostra e ne scriverò su questo blog. In autunno poi pubblicherò il mio saggio sui due orcioli facenti parte del corpus delle opere del grande figulo pesarese Lorenzo de Pace. I due orcioli fanno parte di una spezieria fatta ad Acquapendente agli inizi del XVI secolo. Chi ha redatto le schede attribuisce l’orciolo a Deruta, ad un fantomatico maestro “caricaturale”; saranno i posteri come al solito a darmi ragione.

Devo complimentarmi con il Sindaco di Deruta Michele Toniaccini per l’impegno profuso nel portare questa mostra londinese, molto “commerciale”, nel locale Museo. So che ha telefonato personalmente ai collezionisti che hanno prestato alcuni capolavori, veramente eccezionali, che completano la Mostra. Purtroppo per lui, questo evento estivo derutese, avrebbe dovuto intitolarsi “Back to Acquapendente”, poiché la maggior parte delle maioliche esposte sono state sicuramente cotte in questo importantissimo centro di produzione laziale.

Consiglio al Sindaco derutese, appassionato di maiolica del Rinascimento Italiano, – speriamo che in futuro ne venga eletto uno così ad Acquapendente –, di rispettare in futuro, sempre, il precetto evangelico: “fuori i mercanti dal tempio”(Mc 11, 7-19; Mt 21, 8-19; Lc 19, 35-48; Gv 2, 12-25).

Buona lettura,

Alberto Piccini


lunedì 11 giugno 2018

I Manzoni di Colle Val d'Elsa. Documenti notarili, maioliche inedite e nuove attribuzioni


I Manzoni di Colle Val d'Elsa. Documenti notarili, maioliche inedite e nuove attribuzioni 

di Giuliana Gardelli 



Cari Lettori,
a distanza di poco più di una settimana torno a proporvi un altro saggio tratto dal volume “La ceramica nello scaffale” in ricordo del Prof. Giancarlo Bojani, edito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fano. Il saggio è quello di Giuliana Gardelli dal titolo “I Manzoni di Colle Val d’Elsa – Documenti notarili, maioliche inedite e nuove attribuzioni”.
Il motivo di questa ripresa è giustificato dal fatto che il saggio della Prof.ssa Gardelli è la giusta e perfetta chiusura del mio saggio del 2002 intitolato “I Calamai del Manzoni”, il quale è stato recentemente riproposto su questo blog (nel febbraio del 2018). Entrambi i saggi si completano a vicenda e sono il frutto di un lungo lavoro di equipe tra il sottoscritto, la Professoressa – la quale, a mio avviso, ha fatto il lavoro più importante sia di ricerca di archivio che di approfondimento storico-scientifico –, e Cristina Cecchi, bravissima ricercatrice presso l’Archivio di Stato di Firenze e mia preziosa collaboratrice da quasi due decenni.
Colgo l’occasione per segnalarvi un episodio spiacevole accadutomi nel 2007, un tentativo maldestro e furbesco di plagio perpetuato dallo studioso Marino Marini (funzionario del Museo Nazionale del Bargello) che nella scheda del “Calamaio del Manzoni” di proprietà della Fondazione Cassa Risparmio di Perugia, tentò di appropriarsi della mia scoperta. Reagii con veemenza, scrivendo una lettera infuocata a Timothy Wilson, allora curatore del catalogo, senza peraltro avere la dovuta soddisfazione. Questa volta nel volume dedicato al Prof. Bojani, lo stesso studioso dedica un piccolo saggio ad un gruppo plastico frammentato di proprietà dello stesso Museo del Bargello, autocitandosi in spregio del mio lavoro e di quello di Giuliana Gardelli. Lo stesso studioso naturalmente non si accorge che il pezzo frammentato oggetto del saggio e quello dello StadtMuseum di Wisbaden, più volte citato, sono entrambi usciti dalla fornace dei Manzoni di Colle, a riprova del detto che recita “copiando non sempre si impara”, ed inoltre così provando di non essere entrato nello spirito delle opere dei Manzoni, tanto da non saper distinguere le plastiche toscane da quelle dell’Emilia-Romagna e delle Marche. Ciò mi ha spinto a mettere in cantiere ancora una volta, insieme alla Pof.ssa Gardelli, il terzo episodio di questa saga: Il corpus di tutte le opere uscite dalle tre fornaci dei Manzoni di Colle nell’arco di un secolo, dalla fine del XV alla fine del XVI secolo.
Vi auguro una buona lettura,

Alberto Piccini
Milano, 11.06.2018