Post in evidenza

NUOVO RECORD DI VISITE SUL BLOG

Cari Lettori,  è con grande piacere che sono a comunicarvi il raggiungimento di un traguardo storico e molto importante: due giorni fa le vi...

lunedì 25 aprile 2016


CHIOSA FINALE DI CLAUDIO GIARDINI AI CONTRIBUTI DI ALBERTO PICCINI SU: IN VITERBO - DIOMEO - 1544




Mi permetto di chiosare la nota aggiuntiva che Alberto Piccini ha pubblicato attraverso al suo blog sul piatto in maiolica istoriata del V&A raffigurante Diana e Atteone e segnato In Viterbo- Diomeo 1544. La chiosa riguarda il discorso sui falsi ottonovecenteschi in maiolica che Piccini introduce attraverso l’aneddoto del prof. Lise.
Più che sulla manifattura Molaroni  - che comunque a partire dagli anni ’80 dell’Ottocento, poco dopo l’acquisto da parte del Comune di Pesaro della Collezione Mazza (31 dicembre 1857), era solita inviare i propri pittori-decoratori a studiare ed osservare le splendide maioliche rinascimentali del Ducato d’Urbino conservate allora al piano terra del Palazzo Comunale, senza   fare troppa attenzione per la loro sicurezza e perchè "ci facessero la mano" – il discorso va fatto su Ferruccio Mengaroni che non aveva remore a far sapere che lui copiava quelle maioliche con risultati migliori dell’originale!  A leggere infatti ad esempio l’handbook di Rackham lo studioso inglese allora conservatore capo del Dipartimento di Ceramica del Victoria and Albert Museum di Londra  questi accenna ad una sua visita in Urbino [cfr. G. C. Polidori, Bernard Rackham: Italian Maiolica in “La Ceramica”,1, 1954, pp. 5-6; B. Rackham, Un piatto topografico di Orazio Fontana in “Faenza, X, 1, 1922, pp. 3-5: ..la primavera passata visitando la vecchia città ducale..] nel suo viaggio italiano del 1921, ove era arrivato dopo essere passato per Venezia per vedere al Correr i 17 piatti del cosiddetto “Servizio Ridolfi” del “Pellipario”, intento a cercare conferme per i suoi studi sui modelli come le incisioni utilizzate come fonte dai pittori rinascimentali italiani di maiolica. Da Urbino Rackham scende anche a Pesaro a far visita a Ferruccio Mengaroni e rimane esterrefatto e sconcertato nell’intuire la libertà e la mancanza di remore con cui il maestro pesarese operava sulle copie dei vari manufatti di maiolica rinascimentale ma soprattutto dalla bravura e perfezione dei risultati ...Shortly before his tragic death I visited Mengaroni in his workshop and found there several works copied from chromolitografic illustrations. I do not know whether he deliberayely workerd for the trade in fakes....In any case Mengaroni was one of the most dangerous of all copystsof old maiolica.... …Poco prima della sua tragica morte visitai Mengaroni nel suo studio e vi trovai molte opere copiate da cromolitografie. Io non so se lui lavorasse volontariamente per il commercio dei falsi.....In ogni caso Mengaroni fu uno tra i più pericolosi falsari di maiolica...(traduz. di  Elisa Sani),  v. T. Wilson, Faking maiolica in the early twentieth century…[= La contraffazione delle maioliche all’inizio del Novecento: la testimonianza del Museen-Verband] in L. Riccetti, a cura di, 1909. Tra collezionismo e tutela, Firenze 2010, p. 272. Timothy Wilson peraltro fu così gentile quando in occasione di una sua conferenza a Pesaro nel dicembre 2009 mi fece leggere in anticipo il suo saggio, poi pubblicato sulla miscellanea di Lucio  Riccetti e volle anche discutere con me sulle “scorribande”  di Ferruccio Mengaroni che avevano preoccupato non poco diversi direttori di musei europei da istituire un ‘tavolo’ permanente (peraltro su circa un centinaio tra direttori e conservatori museali, solo tre erano italiani e non parteciparono mai agli incontri, realtà sconcertante ove si pensi che l‘ 80% delle maioliche di cui si discuteva era patrimonio italiano):  Wilson ne da conto attraverso la segnalazione di numerose Mitteilungen ovvero Comunicazioni ovvero Riassunti, noi diremmo Verbali delle discussioni durante le riunioni tenutesi tra le due guerre sull’argomento [Wilson 2010, p. 270]; addirittura Otto von Falke nel 1924, al tempo in cui era direttore generale dei Musei di Berlino, aveva tenuto una conferenza ad hoc [Le maioliche false di Ferruccio Mengaroni] evidenziando come diverse maioliche della prestigiosa Collezione Mazza dell’Ateneo Pesarese esposte in Palazzo Ducale ove era allora allestito il Museo Civico fossero state copiate  e spacciate per originali  e come diverse di esse fossero presenti nella Collezione Imbert esposta al pubblico nel 1911 al Musée des Arts Decoratifs di Parigi [Wilson, ivi]. Ferruccio Mengaroni poi com’era nella sua natura di guascone impenitente aveva già confessato in pubblico il suo “peccato”: si legga qui ...Ferruccio Mengaroni era allora un bel giovanotto dagli occhi vivissimi, dalla testa scarmigliata. Aveva un po’ l’aria provinciale, era nervoso, parlava affrettato e a scatti. Dopo i primi convenevoli si venne a discorrere del piattino. “Ah il piattino faentino? - rise un po’ - Quella fu una maiolica indovinata! A Roma specialmente ha avuto un grande successo! Circa un anno fa bighellonando per via del Babuino vidi il mio piatto nella vetrina del negozio di L... Chiesi per curiosità il prezzo  [Cinquemila lire] mi rispose quel furbacchione dell’antiquario. Alla mia meraviglia espressa per la richiesta, oppose ch’era un pezzo assai raro che valeva un occhio. Quante dozzine ne volete, domandai ridendo. Quel piatto l’ ho fatto io. Voi! Proprio io. Sul principio fece una faccia incredula, ma gli mostrai allo scopo di persuaderlo  due piccole mattonelle che avevo con me, ispirate ad una stampa di Durer. E se io vi ordinassi un certo numero di piattini come questo? domandò l’antiquario dopo aver pensato un po’, mi fareste un prezzo conveniente? Quanto? Domandai subito, Anche una mezza dozzina, rispose lui. Ebbene considerando il numero ve li metto centocinquantalire l’uno. Affare fatto! Pagamento immediato alla consegna. Concluse. Eseguiti ch’ebbi i sei piattini glieli mandai. Li deve aver venduti tutti, aggiunse il giovanotto perché ieri me ne ha ordinati altri sei... da una testimonianza degli antiquari Augusto Jandolo e Giuseppe Sangiorgi (leggi l’aneddoto completo riportato in A. Jandolo, Antiquaria, Milano 1947, pp. 229-234).
Non mi meraviglia quindi che Marcella Molaroni, titolare oggi a Pesaro dell’antica fabbrica Molaroni, abbia confermato a Piccini durante quella cena conviviale la conoscenza dei falsi mengaroniani se non altro perché aveva anche la possibilità di apprenderlo dal marito il noto studioso di ceramica Leon Lorenzo Loreti.

Fano, 21 aprile 2016
Claudio Giardini


                         CHI E' CLAUDIO GIARDINI

Claudio Giardini è stato direttore dal 1986 al 2000 dei Musei Civici di Pesaro comprendenti com’è noto due importanti sezioni: una Pinacoteca ed un Raccolta di Ceramiche. Nell’arco della sua attività storico artistica ha curato mostre e pubblicato numerosi lavori scientifici sia riferiti alla storia dell’arte figurativa che a quella ceramica, In campo ceramico ha curato la monografia sulla manifattura pesarese Casali e Callegari ed il catalogo delle ceramiche del Museo civico di Pesaro. E’ stato coocuratore della mostra sul ceramista Gian Calo Polidori allestita nel 2012 nelle sedi di Ascoli Piceno e Pesaro e del relativo catalogo. Nel 2015 ha
pubblicato un lavoro sulla maiolica rinascimentale urbinate Maioliche ducali e riflessioni ceramiche.

                Milano, 21 aprile 2016                                          Alberto Piccini

Nessun commento:

Posta un commento