I Manzoni di Colle Val d'Elsa. Documenti notarili, maioliche inedite e nuove attribuzioni
di Giuliana Gardelli
Cari Lettori,
a distanza di poco più di una settimana torno a proporvi un altro saggio
tratto dal volume “La ceramica nello scaffale” in ricordo del Prof. Giancarlo
Bojani, edito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fano. Il saggio è quello
di Giuliana Gardelli dal titolo “I Manzoni di Colle Val d’Elsa – Documenti
notarili, maioliche inedite e nuove attribuzioni”.
Il motivo di questa ripresa è giustificato dal fatto che il saggio della
Prof.ssa Gardelli è la giusta e perfetta chiusura del mio saggio del 2002 intitolato
“I Calamai del Manzoni”, il quale è stato recentemente riproposto su questo
blog (nel febbraio del 2018). Entrambi i saggi si completano a vicenda e sono
il frutto di un lungo lavoro di equipe tra il sottoscritto, la Professoressa –
la quale, a mio avviso, ha fatto il lavoro più importante sia di ricerca di
archivio che di approfondimento storico-scientifico –, e Cristina Cecchi,
bravissima ricercatrice presso l’Archivio di Stato di Firenze e mia preziosa
collaboratrice da quasi due decenni.
Colgo l’occasione per segnalarvi un episodio spiacevole accadutomi nel
2007, un tentativo maldestro e furbesco di plagio perpetuato dallo studioso
Marino Marini (funzionario del Museo Nazionale del Bargello) che nella scheda
del “Calamaio del Manzoni” di proprietà della Fondazione Cassa Risparmio di
Perugia, tentò di appropriarsi della mia scoperta. Reagii con veemenza,
scrivendo una lettera infuocata a Timothy Wilson, allora curatore del catalogo,
senza peraltro avere la dovuta soddisfazione. Questa volta nel volume dedicato
al Prof. Bojani, lo stesso studioso dedica un piccolo saggio ad un gruppo plastico
frammentato di proprietà dello stesso Museo del Bargello, autocitandosi in
spregio del mio lavoro e di quello di Giuliana Gardelli. Lo stesso studioso
naturalmente non si accorge che il pezzo frammentato oggetto del saggio e quello
dello StadtMuseum di Wisbaden, più volte citato, sono entrambi usciti dalla
fornace dei Manzoni di Colle, a riprova del detto che recita “copiando non
sempre si impara”, ed inoltre così provando di non essere entrato nello spirito
delle opere dei Manzoni, tanto da non saper distinguere le plastiche toscane da
quelle dell’Emilia-Romagna e delle Marche. Ciò mi ha spinto a mettere in
cantiere ancora una volta, insieme alla Pof.ssa Gardelli, il terzo episodio di
questa saga: Il corpus di tutte le
opere uscite dalle tre fornaci dei Manzoni di Colle nell’arco di un secolo,
dalla fine del XV alla fine del XVI secolo.
Vi auguro una buona lettura,
Alberto Piccini
Milano, 11.06.2018
Caro sig. Piccini, tornato in ufficio dopo qualche giorno di assenza leggo il nuovo post dell’impareggiabile blog introdotto dagli immancabili gentili apprezzamenti, consoni alla sua ben nota fine dialettica, che mi vedono protagonista.
RispondiEliminaAvrei voluto dare anche a questa la consueta degna ‘considerazione’ che ho riservato alle sue precedenti uscite ma poi ho pensato che, per l’educazione che lei mi insegna, non potevo esimermi dal ringraziarla per avermi avvicinato, nei toni usati, a due studiosi (o ‘accademici’, o ‘blablaisti’, come lei ama spesso definirli) quali Carmen Ravanelli Guidotti e Timothy Wilson, due amici che godono della mia più completa stima, sia sul piano professionale che umano.
Le confesso che entrare a far parte di un così ristretto club di persone da lei notoriamente ‘apprezzate’ è per me motivo di grande orgoglio e ho voluto rispondere a tutti coloro che lei ha messo in indirizzo per rendere note le mie opinioni, a costo di annoiare chi ci leggerà per queste futili battute (certo un bel colpo la trovata della sua degna compare di procurarle le mail di tutti i partecipanti al convegno di Oxford !).
Per le sue ‘larvate’ osservazioni sui Manzoni non entro in merito perché chi sarà curioso di verificare quale furto o plagio avrei commesso non ha che da consultare quanto edito, dove è citato (ma a lei certo questo non basta) il suo originario articolo, nel quale, come è sua abitudine, ‘abbondano’ i ‘dettagliati’ riferimenti archivistici dei documenti riportati.
Una cosa mi permetta di suggerirle per il prosieguo delle sue preziose indagini sulla Superbottega, di cui ormai nessuno ormai può fare a meno; non eccedere troppo in ‘elogi e gratificazioni’ verso studiosi che si limitano ad esporre le proprie ricerche e magari considerare anche punti di vista alternativi (oltre al proprio) che potrebbero riservare fondamenti altrettanto validi (anche se immagino sia impresa ardua per un principe dell’autocelebrazione).
Per finire confesso tutte le mie poche certezze nello studio di una materia che ogni giorno offre nuovi spunti di riflessione e sono veramente ammirato dalle sue continue scoperte e da come in pochi anni di applicazione, passando dalla finanza alla maiolica, lei abbia saputo sciogliere i dubbi che per decenni hanno animato il dibattito accademico (mi scuso per la brutta parola appena usata) e rivoluzionare gli studi della maiolica italiana con nuove intuizioni che adesso nessuno può ignorare.
La saluto quindi ringraziandola nuovamente per le gentili parole e anticipando che purtroppo non potrò dare continuità a un eventuale scambio epistolare con lei, nel tempo a disposizione preferisco dedicarmi a ricerche di tipo accademico (òps, mi è scappato ancora questo termine orrendo!), ma certo terrò sempre in gran ‘considerazione’ i suoi immancabili aggiornamenti per colmare, almeno in parte, le mie lacune, con la certezza però di non poter mai aspirare ai suoi livelli di conoscenza.
Spero di poterla incontrare nuovamente in occasione di qualche convegno dove qualcuno certamente la inviterà a presentare le sue quotidiane rivelazioni con il sobrio stile che la contraddistingue.
Con i miei cordiali saluti,
Marino Marini
Gentilissimo Prof.Marini,
Eliminanon ho nessuna intenzione di duellare con lei sul piano ironico/dialettico, non ne ho il tempo data la mia veneranda età, anche se mi cimenterei volentieri su qualsiasi argomento relativo alla Storia della Maiolica Italiana del Rinascimento, a sua scelta, sul "suo" terreno quello storico/scientifico, visto che dovrebbe "conservare" le belle maioliche di un grande Museo ed essere quindi molto preparato..
Le chiedo soltanto la sua autorizzazione a pubblicare sul mio blog questa sua lettera e la famigerata scheda del 2007 sui "Calamai del Manzoni" in modo che tutti gli studiosi, i collezionisti e gli appassionati possano apprezzare la sua forbita prosa (quasi blablaistica)l
La ringrazio in anticipo
Alberto Piccini
Ai lettori del blog di Alberto Piccini,
RispondiEliminascrivo queste poche righe non per rinfocolare polemiche inutili, ma per ribadire l’importanza delle ricerche d’archivio per la conoscenza del passato. Il dr. Piccini fu il primo a sospettare dell’esistenza di questa bottega manzoniana, e mi commissionò lo studio archivistico; quindi era doveroso da parte mia accettare che nel suo blog apparisse la conclusione della ricerca. Al Marini, che mi ha inviato direttamente una lunga polemica, rispondo meravigliata che non c’è bisogno di andare ad Oxford (?!) per avere mail pubbliche e lo invito invece a considerare che il frammento del Bargello, da lui presentato nel libro edito dalla Carifano, in memoria del prof. Bojani, appartiene alla bottega di Colle ed avrebbe dovuto riconoscerlo proprio lui, che nel 2007 eseguì una ricerca sui presepi dei Manzoni di Colle, edita sul libro della Fondazione di Perugia. Ora dunque sarà possibile agli studiosi riconoscere fra le piccole plastiche, alcune anche edite nello stesso libro di Fano, quelle da riferire a Colle, ribadendo quanto sia importante accanto alla ricerca archeologica anche quella negli Archivi storici.
Giuliana Gardelli
P.S. Per quanto attiene sul "plagio" si o no,il Marini nel 2007,nella sua scheda sul "calamaio" della collezione Fondazione CARI-PERUGIA,avrebbe dovuto nell'antefatto (come ha fatto la sottoscritta nel suo recente saggio) riconoscere ad Alberto Piccini il sacrosanto merito dello scoop e non citarlo con una nota ambigua a fondo dell'ultima pagina,solo per evitare la sicura denuncia. L'unico modo per rimediare e chiudere questa spiacevole vicenda è quello che suggerisce lo stesso Piccini: pubblicare sul blog la famigerata scheda di Marini,del 2007,in modo che tutti i lettori possano giudicare in piena autonomia.
Giuliana Gardelli
Gentilissimi,
RispondiEliminavisto che sono in atto rivendicazioni varie, sento opportuno ricordare che nel 1996, nella scheda del mio volume La maiolica italiana, Electa Napoli (p. 23, 25), dedicato al corpus del Museo Duca di Martina di Napoli, per prima, riepilogando gli indizi già disponibili, ho ritenuto obsoleta l'attribuzione a Faenza e legato il calamaio al maestro toscano Giovanni di Nicola dei Manzoni, indicando Colle come luogo di produzione del calamaio del museo napoletano e degli altri elencati nella stessa scheda.
Un cordiale saluto a tutti
Lucia Arbace