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lunedì 9 gennaio 2017

COMMENTI ALLE DUE RECENSIONI STORICO-SCIENTIFICHE DI ALBERTO PICCINI AL LIBRO DI TIMOTHY WILSON SULLE COLLEZIONI DI MAIOLICA RINASCIMENTALE ITALIANA DEL MET DI NEW YORK

Riporto qui di seguito il commento ricevuto da Claudio Giardini, storico dell'arte, ceramologo, ex Direttore dei Musei Civici di Pesaro - per quattordici anni - ai miei due articoli
relativi al volume di T.Wilson che ben volentieri sottopongo all'attenzione dei lettori di questo blog:

Con un po’ di fatica dovuta al mio computer obsoleto mi sono pervenuti gli ultimi due scritti ove Alberto Piccini rende noto ai suoi corrispondenti ulteriori risultati delle sue ricerche ceramiche intorno alle botteghe di Acquapendente o, per dirla con lui, alla Superbottega. Devo dire che Piccini mi disorienta quasi sempre con la ficcante prosa dei suoi articoli se non altro per la costanza che pone nel porre all’attenzione degli studiosi e degli appassionati i lavori dei figuli di Acquapendente, nome territoriale che non mi era mai capitato di incontrare  nelle mie modeste ricerche ceramiche. Ne ebbi dei primi accenni da don Corrado Leonardi or sono più di vent’anni che con cautela ma anche con ammirazione mi raccontava di questo studioso che iniziava a scompaginare l’ingessata storia dell’arte ceramica. Con cautela perché anche la sua amata Casteldurante poteva subirne dei contraccolpi ma nonostante ciò il prete-studioso non era così ottuso da non capire il valore di quelle nuove tracce, peraltro corredate da documenti d’archivio, che ponevano seri problemi alla interpretazione della canonica vulgata ceramica. Incontrai in seguito intorno agli anni duemila (2006) Piccini a Fano ivi condotto da Giancarlo Bojani e ricordo che nel mio intervento gli dissi perché tutte quelle nuove scoperte che aveva illustrato e che così certosinamente era andato rintracciando non trovassero sbocco a stampa così da porre gli studiosi in aperta discussione su tali argomenti. Egli mi rispose dicendo che per pubblicazioni cartacee abbisognava di spese che non si poteva permettere ma che avrebbe trovato modo di divulgare le sue teorie attraverso il web, cosa che in seguito ha puntualmente fatto. Ora non sono certamente un illuso, ma mi sarei aspettato che tutti coloro che scrivono in continuazione, anche fuori d’Italia, in edizioni lussuose soprattutto sulla maiolica rinascimentale, rimestando magari sempre la stessa minestra, di fronte a queste diverse impostazioni di studio e di attribuzioni si sarebbero attivati a dimostrarne la validità o, di contro, la nullità: se non erro or sono alcuni mesi si è svolto ad Assisi un convegno internazionale sulla Maiolica italiana del Rinascimento con una pletora di interventi, in cui un vero studioso avrebbe dovuto pretendere che si discutesse anche di queste nuove ipotesi [si poteva ad esempio iniziare a porre in discussione se fosse il caso o meno di una miglior registrazione della produzione maiolicara derutese del quattro-cinquecento] che Piccini da tempo va esternando, anche per sconfessarle una buona volta per tutte, se si fosse ritenuto che non avessero fondamento alcuno: i convegni, se non li si vuole autoreferenziali, a mio parere, a questo servono; prendiamo esempio da quelli medici in cui è proprio in queste occasioni che si pongono all’attenzione dei colleghi le nuove scoperte corredate da precisi protocolli. Non voglio fare polemiche sulla promozione del convegno stesso tenuta, sempre a mio avviso, decisamente sotto tono, magari non così per gli amici degli amici: non vorrei essere “crocifisso” storicamente come il buon Passeri o, in tempi più recenti, come il compianto Paride Berardi! Registro comunque il fatto che il convegno abbia incluso ben 30 interventi per la cui preparazione ed organizzazione, se le mie esperienze di direttore di museo non mi ingannano, i contatti dovrebbero essere iniziati almeno un anno prima; a meno che non si volesse fare solo una, seppure importante, conversazione fra iscritti di un club. Mi permetto di dire che sarebbe estremamente corretto da un punto di vista dei rapporti interpersonali, ma soprattutto da quello di grande  correttezza scientifica, per cui chi abbia capacità e competenza storico-artistica debba provare a mettere in piedi congressi-convegno internazionali aperti a tutti i grandi studiosi di ceramica del mondo, ed in cui lo spirito tecnico-storico-scientifico di vero amore ed interesse per la ceramica aleggi su tutti i partecipanti, superando così quella impressione che personalmente mi ha spesso colpito di come troppe volte si abbia a che fare con una casta privilegiata o con un ‘cerchio magico’ come si usa dire oggi. Accenno solo al fatto, ad esempio, come diversi studiosi della costa adriatica, romagnola e marchigiana, siano stati brutalmente tagliati fuori dal convegno di Assisi.  E sì che ve ne sono alcuni dai curricula scientifici decisamente notevoli. Siccome credo che sia stata persa una prima grande occasione per capire se Alberto Piccini abbia iniziato ad aprire una nuova via sulla storia della ceramica o se invece da almeno vent’anni stia proponendo visioni per quanto suggestive ma fuori squadro, mettere a confronto le radici  della storia della ceramica, soprattutto italiana, con nuove ipotesi che da quelle radici traggono vitalità, questa a mio parere sarebbe stata una soluzione ottimale per dirimere la questione.  Absit iniuria verbis

Claudio Giardini         

Il commento di Claudio Giardini è molto importante e quindi ho bisogno di qualche giorno di riflessione prima di rispondere; lo farò sicuramente nei prossimi giorni.
Alberto Piccini

E ancora, qui di seguito le mail scambiate con il Prof. Angelo Biondi, storico di Pitigliano, esperto della storia degli Orsini conti di Pitigliano:
Mail del 21/12/2016

Caro Alberto,
grazie per il tuo saggio sul vaso di Niccolò III, molto interessante e illuminante.
Riguardo ai rapporti di Niccolò con Acquapendente posso aggiungere che aveva al suo servizio anche un capitano aquesiano: Francesco Benci e che in Acquapendente c'era un suo ritratto nel palazzo Falzacappa-Benci..
Ad Acquapendente andò ad abitare Cherubino di Sorano, suo fidatissimo milite, che fece carriera avendo sposato una sua figlia naturale; su Cherubino ho appena pubblicato un articolo sui nuovi Quaderni delle Biblioteche del lago di Bolsena.
Tu dati il bellissimo vaso intorno al 1480; ci sono motivi o  indizi in merito? Infatti si potrebbe pensare che un simile "lusso" si addicesse di più al periodo in cui Niccolò III fu nominato nel 1485 Capitano Generale dell'esercito fiorentino con adeguato e alto stipendio; ma queste sono solo mie considerazioni, che però ti sottopongo ...
Colgo l'occasione per augurare Buon Natale e Buon Anno Nuovo a te e alla tua signora
Angelo Biondi
La mia risposta:

Caro Angelo,

il famoso vaso Orsini non è datato e quindi la mia indicazione è da intendere con una certa approssimazione 1480-1500 e quindi pienamente compatibile con la tua data.

Nell'occasione ti comunico che il tuo antenato Pietro Paolo Biondi notaio e storico di Acquapendente nelle sue "cronache di Acquapendente" del 1589 scrive a proposito del capitano "Aureato" Francesco Benci che iniziò a collaborare con il conte di Pitigliano al comando di una compagnia di soldati per diventare in seguito il suo segretario particolare.

Sono certo infine che gli amici di Acquapendente cercheranno di capire che fine ha fatto il ritratto di Niccolò Orsini, di proprietà della famiglia aquesiana Falsacoppa - Benci.

Ricambio gli auguri per il nuovo anno,

Alberto Piccini

Milano, 9 gennaio 2017

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