RISPOSTA
AL
COMMENTO
DI
CLAUDIO GIARDINI
Caro Giardini,
ti ringrazio per l'intervento pubblicato il 9 gennaio sul
blog "La Maiolica di Acquapendente" e sul mio personale "Blog di
Alberto Piccini".
Finalmente una voce fuori dal coro! Un atto di denuncia
contro l'attuale stato di forte contrapposizione, di guerra non dichiarata,
sotterranea ma comunque dura che sta dilaniando il piccolo mondo degli studiosi
della Maiolica Rinascimentale Italiana: gli Accademici blablaisti più la quasi
totalità dei lokal patriot da una parte,
il sottoscritto in solitario dall'altra ed in mezzo coloro che non si
schierano, non si pronunciano, per paura di rappresaglie; paure comprensibili, poichè
il sottoscritto è disarmato, combatte solo con la sua penna, con "la sua
ficcante prosa", come dici tu, mentre loro usano tutto l'armamentario e
gli strumenti del potere. In poco meno
di venti anni di guerra non ho mai ricevuto contestazioni di carattere
storico-tecnico-scientifico dai miei oppositori: loro uccidono con il
silenzio!!!
Grazie Giardini per avere, con il tuo contributo, aperto un
varco, reso chiaro un atteggiamento corporativo, quasi mafioso, da "casta
privilegiata" come dici tu. Cosa succederà ora? Probabilmente niente, gli
Accademici supportati sempre dai soliti lokal
patriot continueranno a snobbarci, negheranno ancora l'esistenza della Casta ma non potranno questa
volta certamente affermare che la crisi
non c'è, come fecero cinque anni fa quando per primo denunciai in due miei
interventi, quasi profetici, la gravità della situazione.
Per fortuna col tempo qualcosa sta cambiando: per esempio la
rivista "Faenza", ormai organo ufficiale degli Accademici, ha ridotto
negli anni i suoi abbonamenti a meno di cinquanta. I lettori effettivi sono
forse diminuiti di più, mentre di contro, i lettori dei due blog di cui sono
responsabile sono in continuo aumento (1300 visite nell'ultimo mese, oltre
15000 annui, con proiezioni in aumento nei prossimi sei mesi). La crisi della
rivista Faenza dipende da molti fattori, viene da lontano, dal degrado tecnico-scientifico
dei contenuti, dai problemi creati dalle guerre tra Direzione del Museo e
Conservatrice (la guerra dei venti anni tra Bojani e Ravanelli Guidotti) e
anche dai grossi problemi dello stesso Museo. La famosa macina, immagine
metaforica del degrado di questo Museo il più importante della ceramica in Italia, ha
travolto tutto, da Faenza è arrivato alla riviera Adriatica e da lì riprenderà
a sprofondare in mare sino a quando non avverrà un profondo, vero, democratico
avvicendamento politico perché ormai non è più la crisi di un ceto dirigente
locale ma riguarda tutte le regioni del centro Italia e dell'intero paese.
Voglio citare un solo esempio che riguarda coloro che amano la Maiolica
Rinascimentale in questo paese, il caso dei frammenti che Galeazzo Cora donò al
MIC Faenza più di trent'anni fa. Dieci anni or sono, quando decisi di portare all'attenzione
della pubblica opinione questo problema, con una campagna nazionale di stampa incisiva e martellante, con la
quale riuscii a convincere e a far muovere il Ministero dei Beni Culturali,
pensai di aver vinto la mia battaglia. Infatti ricevetti dall'allora Presidente
del Museo Rivola, l'assicurazione scritta che i frammenti del Cora sarebbero
stati messi a disposizione della Direzione del Museo di Montelupo per essere
classificati, studiati e pubblicati, quindi salvati dal degrado e finalmente
messi a disposizione degli studiosi di tutto il mondo. Apprendo adesso dal
Professore Fausto Berti che il Museo di Montelupo ha restituito al mittente le
poche scatole da camicia (circa un decimo delle seicento che compongono la
preziosa collezione), vista l'impossibilità di procedere oltre, data l'azione
continua e insistente di interdizione del Museo faentino tesa ad ostacolare, o meglio ad impedire, il lavoro di schedatura
e di studio. Dieci anni di "melina" in attesa che la polemica
si placasse e che questa bruttissima vicenda fosse burocraticamente archiviata.
Volevano sin dall'inizio incamerare la straordinaria collezione di maioliche,
più di mille pezzi - quasi un museo nel museo - e seppellire poi Galeazzo Cora
e i suoi frammenti nell'oblio più assoluto. Purtroppo lo possono fare, non ci
sono eredi che contestino; controllano politicamente tutto, anche il Ministero
dei Beni Culturali adesso, ma il danno per il patrimonio culturale del Paese
sarà enorme perché in futuro quale
collezionista penserà mai di donare le proprie maioliche, o altri oggetti
d'arte, ad un museo italiano?
Prometto ai miei lettori che continuerò a combattere questa
battaglia, un po' donchisciottesca, per salvare i frammenti del Cora, poichè
credo ed ho sempre creduto, fin dall'inizio di questa storia, che siano
estremamente importanti per gli studi non solo della maiolica Rinascimentale
toscana ma anche per tutti gli altri centri di produzione sparsi per il paese;
lo farò, pur nella piena consapevolezza che in questa Italia bellissima ma
disgraziata non sia più possibile replicare la mitica storia di Davide e Golia.
ALBERTO PICCINI
MILANO, 14 Gennaio 2017
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